Nato come il secondo capitolo del progetto Flow(ers) on Mars, questo progetto esplora un diverso scenario, successivo alla colonizzazione di Marte, in cui l'uomo sonderà gli spazi più remoti dello spazio con delle piante addestrate a modificare l'ambiente e renderlo vivibile per una futura colonizzazione. Ma questo esperimento fa sorgere una domanda: il progresso umano può esistere se non c'è manipolazione o sfruttamento di risorse o creature viventi?










In un futuro non troppo lontano, gli uomini potranno finalmente rendersi conto del potenziale straordinario delle piante. Stefano Mancuso ha da sempre sostenuto l'intelligenza e la forza ancestrale di queste creature, ma nonostante ciò, come tanti altri aspetti della storia umana, anche le piante potranno essere sfruttate a vantaggio dell'uomo.
Mentre il Pianeta Terra diventerà sempre più consunto e deformato dalle cattive abitudini dei suoi abitanti umani, questi ultimi cercheranno sempre disperatamente nuove soluzioni per espandersi altrove e cercare nuovi orizzonti e nuove possibilità di vita. L'idea di vivere nello spazio, in basi orbitali, è ormai una realtà consolidata. La colonizzazione di Marte non sembra più una fantasia irraggiungibile, ma una possibilità tangibile. E ciò apre la porta al sogno di vivere in luoghi ancora più lontani.
Così, mi sono immaginata un futuro successivo alla colonizzazione di Marte, in cui l'umanità invierà piante in avanscoperta su pianeti lontani. Queste piante saranno state addestrate e adattate a sopravvivere nelle condizioni ostili e caratteristiche di quei luoghi remoti. L'intero processo verrà monitorato attentamente da rover inviati appositamente per controllare l'andamento degli esperimenti e le piante saranno ancora una volta sacrificate sull'altare del progresso umano.
Il senso dell’esperimento è abbastanza semplice. Immaginiamo un avamposto umano su un pianeta lontano, circondato da paesaggi alieni e pressoché inospitale: grazie alle piante adattate, l'atmosfera di quei luoghi potrebbe gradualmente trasformarsi. Le radici delle piante potrebbero arricchire il terreno, rendendolo fertile per colture future. Le piante potrebbero anche contribuire alla produzione di ossigeno, consentendo agli umani di respirare senza dipendere da sistemi artificiali. L'uso delle piante in questo modo rappresenterebbe un salto significativo nell'esplorazione spaziale e nella colonizzazione di nuovi mondi. Non solo le piante avrebbero anche nello spazio un ruolo funzionale nella sopravvivenza umana, ma anche un impatto positivo sull'ambiente, aiutando a creare condizioni più ospitali per le future generazioni.
Tuttavia, un futuro in cui l'umanità utilizzerà le piante come strumenti di manipolazione e miglioramento delle condizioni ostili di altri pianeti sarà però l’ennesimo caso in cui l’uomo piegherà la natura a proprio piacimento per motivi egoistici ed espansionistici.
Eppure, anche in questa realtà cinica, la fotografia potrebbe giocare un ruolo fondamentale. Attraverso le immagini è stato possibile catturare la triste ironia di questa situazione, evidenziando l'intelligenza e la bellezza delle piante utilizzate come cavie in un esperimento senza fine.
Le mie fotografie potrebbero rivelare la fragilità delle piante e la loro capacità di adattarsi alle condizioni avverse, ma allo stesso tempo, potrebbero far riflettere sulle scelte dell'umanità e sulle conseguenze di un approccio insensibile alla natura. In un modo perverso, le immagini potrebbero trasmettere un senso di disillusione, ma anche di consapevolezza critica, invitando gli spettatori a interrogarsi sulle azioni dell'umanità e sulla necessità di una prospettiva più sostenibile e rispettosa verso le piante e l'intero ecosistema.
Mentre catturo queste immagini ciniche e rivelatrici, spero che possano suscitare una profonda riflessione e una presa di coscienza sulla nostra responsabilità nei confronti della natura e del nostro impatto sul mondo che ci circonda. Solo allora, forse, potremo avvicinarci a un futuro in cui le piante vengano trattate con il rispetto che meritano, invece di essere semplici cavie sacrificabili per i nostri esperimenti di colonizzazione spaziale.